Questo post è il frutto di una serie di belle giornate passate con mia nonna a chiacchierare e a ricercare nella sua memoria gesti di una manualità ormai troppo rara da trovare oggi. Questa storia vale la pena di essere raccontata non fosse altro che per questi dialoghi tra generazioni che ho trovato essere bellissimi nella loro lenta ricchezza di scoperte.
Prima dell’estate mi venne in mente di fare in casa il formaggio (dopo aver fatto il pane e una serie di dolci con pasta madre per tutto l’inverno era il minimo cui potessi aspirare!) e mi si pose il problema di trovare il caglio vegetale, visto che non volevo usare quello ricavato dallo stomaco degli agnelli ( ). Ne trovai pochissimo da una azienda da cui prendo il latte crudo bio, che produce anche formaggi, ma non mi poteva bastare fare il formaggio una volta e via…… Ricordavo, però, di aver sentito mia nonna parlare del formaggio che facevano a casa quando era piccola e decisi di parlargliene.
Da questa idea sono nate una serie di gite nella campagna dove lei abitava da bambina alla riceca dei cardi selvatici: infatti la sua ferrea memoria ben ricordava di aver visto usare a sua zia (la formaggiaia di casa) parti del fiore del cardo per far rapprendere il latte. Loro chiamavano queste piante “presuri”.
A Maggio li trovammo nel posto esatto in cui mia nonna mi guidò sicura, ma ancora non erano pronti da raccogliere.
Ci tornammo agli inizi di Agosto e tra un racconto e l’altro dei luoghi della sua giovinezza, ricchi di particolari per me dolcissimi, vedemmo i fiori sbocciati e belli viola, proprio come mi aveva descritto la nonna parlandomi del cardo pronto da tagliare.
L’ impresa era ardua: con guanti di pelle e forbicioni cercavo di non pungermi con le lunghe e insidiose spine delle grandi piante (alte quanto me e anche più). Ne raccogliemmo per averne una bella scorta.
E adesso dovevo seguire le indicazioni della nonna per evitare che i cardi si sciupassero: li abbiamo messi al buio, capovolti, in uno stanzino ad essiccare. Solo dopo circa due mesi toccandoli ho sentito che i pistilli (quelli che erano di un bel colore viola alla raccolta) si sfilavano bene dal corpo del fiore. Ne ho presi la quantità che sta in un pugno e ho provato ad utilizzarli per fare il formaggio.
Secondo le spiegazioni di mia nonna a questo punto avrei dovuto bagnare con il latte tiepido i pistilli e poi strizzarli dentro al latte da accagliare. Così ho fatto con manovre alquanto sperimentali (usando una garza per evitare che i peletti cadessero e rimanessero nel latte). E poi ho aspettato………un’ora dopo non era successo nulla, un’ora e mezzo dopo ancora nulla. Cominciavo a credere che non avrebbe funzionato.
Dopo due ore la magia………….
Da piccoli peli vegetali ecco che la chimica naturale produce la meraviglia: apro la pentola e il latte si è accagliato!!!
Ci infilo uno stecchino e, con immensa soddisfazione procedo a fare il MIO formaggio con il MIO caglio vegetale.
Il risultato è stato un primosale molto saporito e dalla consistenza morbida e appetitosa. Un formaggio completamente biologico e naturale dal gusto fresco di latte.
Vi riporto la ricetta che ho seguito, gentilmente messa a disposizione da Rosanna D.V. del Gruppo Facebook degli amanti del formaggio fatto in casa:
Primosale
5 lt latte crudo ( se non si ha il latte crudo si può usare il latte pastorizzato fresco, ma non l’UHT, e aggiungere un cucchiaio raso di yogurt intero con fermenti lattici vivi ogni due litri di latte: con il latte crudo lo yogurt non serve)
porto a 38°aggiungo 40 gr sale fino mescolo bene e poi aggiungo caglio a seconda del titolo (io ho aggiunto il mio caglio vegetale ricavato dal cardo selvatico con il provedimento descritto sopra) ad esempio 2-3 ml di caglio vegetale acquistabile in alcuni negozi e on-line
mescolo bene copro e incoperto per 60 min. o più (con il caglio da cardo selvatico 2 ore), fino a che non si forma la cagliata (prova dello stecchino: se ci sta infilato verticale è pronta)
rompo a croce attendo 15 min.
rompo a nocciola e attendo 15 min.
metto nelle fuscelle (con queste quantità mi vengono tre fuscelle da 8cm i diametro).
nelle due ore successive le rivolto 4 volte e poi metto in frigo con pellicola.
Noi ce lo siamo gustato a cena e in un secondo è sparito. Il piatto vuoto non ha, però, visto esaurirsi la mia soddisfazione: sono corsa da mia nonna per dirle che era avvenuta la magia, che il mio/suo caglio vegetale funzionava!!! Lei, come sempre in questi casi (fece la stessa cosa quando le raccontai del mio primo pane fatto in casa con la pasta madre) mi ha guardata un po’ stupita chiedendosi, forse, del perchè io dubitassi della riuscita di una cosa per lei ovvia. Quello che lei non comprende è che i gesti quotidiani della sua vita da bambina oggi noi non li vediamo più e che ogni volta che io riesco a ricrearli e ad ottenere un prodotto con le mie mani, continuo a considerarlo una specie di miracolo!

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Veramente complimenti, il tuo si che è un formaggio, con il siero hai poi fatto la ricotta?
Sentito parlare di Cagliatura con il “latte” dei rami di fico? La nonna potrebbe saperne qualcosa
Non mi faccio scrupoli sull’uso di prodotti animali ma rispetto i tuoi, specialmente perché hai una ricerca volta alla tradizione, per questo siamo abbastanza simili, mi farebbe piacere leggere qualche commento sul mio blog, arrileggerci
Ti ringrazio molto per i complimenti. Sì, so del latte di fico e direi che qualche volta lo vorrei proprio sperimentare. Vado a leggere volentieri il tuo blog.